Il museo racconta e si racconta
Fin dagli esordi il museo da un lato ha privilegiato il filone storico regionale dedicato soprattutto all’arte otto-novecentesca di area lombardo-ticinese e svizzera, dall’altro si è aperto sulla scena artistica contemporanea nazionale e internazionale, con una particolare attenzione al settore della grafica. Il patrimonio cittadino, arricchitosi nel corso degli anni d’importanti fondi monografici, oggi conta oltre tremila cinquecento pezzi tra dipinti, opere su carta e sculture rappresentando pertanto un significativo punto di riferimento per la cultura figurativa moderna e contemporanea della regione e non solo.
Nei suoi trent’anni di attività, quest’istituzione ha voluto e saputo mettere in dialogo il contesto locale con quello internazionale, ponendo il Ticino al centro di una duplice indagine: l’una diacronicamente rivolta alla storia del Cantone, l’altra che si estende oltre i suoi confini verso la vicina Italia e al di là delle Alpi. Tra tali poli si colloca infatti la complessa identità culturale di questa terra incuneata tra le Alpi e la pianura padana e per questo denominata già in epoca ducale “giave e porta d’Italia”.
Come nella maggior parte dei musei comunali, anche il Museo Villa dei Cedri deve la sua nascita alla passione collezionistica privata, poi tradotta in generoso mecenatismo. Nella convinzione che l’arte, più che un fatto privato, dovesse rappresentare il pensiero e l’identità civile di un Paese, negli anni Settanta del secolo scorso Adolfo Rossi, facoltoso banchiere residente a Varese ma originario di Bellinzona, ed Emilio Sacchi, medico bellinzonese, donarono alla Città le loro rispettive collezioni d’arte, costituite prevalentemente da dipinti databili tra il Seicento e il Novecento.
Queste donazioni furono possibili grazie all’interessamento del sindaco di allora, Athos Gallino, medico, primo promotore della nascita della Galleria Civica, ora Museo Villa dei Cedri, e presidente dell’Associazione Amici di Villa dei Cedri (divenuta nel 2007 Fondazione).
Provvisoriamente sistemate al terzo piano del Palazzo comunale, le raccolte Rossi e Sacchi confluirono poi a Villa dei Cedri dove, nel 1985, venne inaugurato il museo con la presentazione della collezione Adolfo Rossi composta da una settantina di opere di scuola italiana del secondo Ottocento e del primo Novecento, tra cui spiccavano dipinti di Luigi Rossi, Guido Tallone, Antonio Ciseri, Luigi Nono, Eleuterio Pagliano e un disegno su carta di Giovanni Segantini.
L’impostazione generale della quadreria Rossi determinò l’orientamento e le acquisizioni del neonato museo, allora denominato Civica Galleria d’Arte che, grazie anche alla generosità di altri collezionisti bellinzonesi come i coniugi Moretti e Pico, arricchì e completò ben presto il suo nucleo originario con opere prevalentemente tardo ottocentesche di assoluto interesse. Tra queste opere, appare lo Studio di testa [1899] di Giuseppe Pellizza da Volpedo (donazione Anita e Luciano Pico 1989), risalente al periodo trascorso dall’artista lombardo alla scuola bergamasca di Cesare Tallone, presso cui si formò un’importante schiera di artisti lombardi e ticinesi. L’ingresso in collezione di questo ritratto favorì a sua volta la donazione nel 2001 da parte degli Amici di Villa dei Cedri della Testa di vecchio con barba e berretto (1885) di Cesare Tallone che rivela in modo inequivocabile l’influenza esercitata dal maestro sul suo allievo.
Di Cesare Tallone Villa dei Cedri possiede un altro ritratto di Giovane donna (1902) anch’esso donato dai coniugi Pico nel 1987, caratterizzato dai suoi tipici sfondi quasi materici color terra e dalla forza plastica del modellato. A questo pittore il museo aveva dedicato una mostra monografica nel 2008, preceduta da quella del 1989 sul figlio Guido, presente in collezione con un fondo istituitosi a partire da un paesaggio a olio appartenente al Lascito Rossi e da altri due paesaggi donati dai coniugi Pico.
Il fondo Berta si è costituito a Villa dei Cedri in seguito alla mostra antologica del 2000, da cui è discesa la donazione da parte di Elda Berta dello splendido trittico Estate di San Martino (1895-1905) e un nutrito e variegato materiale comprendente non solo disegni, schizzi e quaderni, ma anche carte autografe, oggetti personali e fotografie, scritti sull’artista, donato dagli eredi che, insieme a un altro taccuino acquisito dagli Amici nel 2004, consente di restituire nella sua complessità la figura di questo artista poliedrico, a un tempo pittore, archeologo, conservatore e storico dell’arte.
Accanto agli artisti già menzionati, Adolfo Feragutti Visconti è un’altra figura di spicco della raccolta del museo e un esempio emblematico dello spirito dell’istituzione bellinzonese, che sin dagli esordi ha voluto studiare e rivalutare la storia dell’arte locale tra Otto-Novecento, a torto considerata minore. Partendo dalle opere di Feragutti Visconti presenti nei primi nuclei della collezione, tra cui una piccola tavola intitolata Maternità (1885-1890) proveniente dalla donazione Pico, il museo ha via via promosso ricerche e mostre che hanno consentito di annettere dipinti spesso significativi, come la Natura morta: uva nera e uva bianca (1885-1890), acquisita dagli Amici di Villa dei Cedri nel 1997 o La signora delle ortensie (1920-1921), splendido ritratto alla moda dalla pennellata fluida ed evanescente, donato nel 2000 dagli eredi Clemente Molo, altri generosi benefattori di Villa dei Cedri.
Un altro genere molto frequentato nell’Ottocento e ben rappresentato in collezione è il paesaggio, di cui citiamo almeno La vigna o Paesaggio nei dintorni di Milano (1884) di Giovanni Segantini, entrata attraverso la donazione Pico del 1987, che costituisce una delle più convincenti vedute eseguite durante il periodo brianzolo, scarna ed essenziale, ma carica di effetto atmosferico. La tela, come si evince dalla scritta autografa sul retro del telaio, apparteneva al pittore e mercante d’arte Vittore Grubicy de Dragon, amico di Segantini. Di quest’ultimo artista il museo possiede due stupendi paesaggi appartenenti al ciclo Poema panteista - Sinfonia invernale, concepito e realizzato da Grubicy a Miazzina, villaggio sul Lago Maggiore, dove si trasferì per un lungo periodo dal 1886. Il primo intitolato Inverno a Miazzina (1898), fu annesso alla collezione nel 1991 tramite una donazione degli Amici di Villa dei Cedri.
La crescita di una collezione dipende dall’attività espositiva mirata e coerente che persegue un museo. Così è stato anche in questo caso per la mostra Viaggio verso le Alpi allestita nel 1997, che ha favorito il deposito nel 1998 di un cospicuo nucleo di opere svizzere improntate al paesaggio appartenenti alla collezione della Confederazione elvetica e la donazione nel 2002 di altri otto paesaggi a cavallo tra Otto-Novecento della Fondazione Domenico Noli di Bellinzona. Le opere provenienti da questa Fondazione, comprendenti anche una veduta dell’Urirostock, sul Lago dei Quattro Cantoni [1850-1860] dello zurighese Johann Gottfried Steffan, un Paesaggio alpino con viandanti [1850-1870] dell’argoviese Friedrich Zimmermann e un Paesaggio con tre pastorelli nei pressi di Crémieu - Delfinato [1850-1870] del ginevrino Elisée Jules Gustave Castan, hanno arricchito l’importante capitolo della pittura svizzera tra Otto-Novecento. I tre paesaggi documentano la delicata fase di passaggio dal Romanticismo, a cui rinviano ancora i primi due, al Naturalismo di stampo preimpressionista, che caratterizza invece l’opera di Castan, vicina per esiti cromatici e luministici alla maniera di Antonio Fontanesi.
Tra i ticinesi, che accolsero con sensibilità e esiti diversi le suggestioni del Novecentismo italiano, si annoverano Mario Moglia, Bruno Morenzoni, Felice Filippini, Alberto Salvioni, Mario Ribola, Jean Corty, Filippo Boldini, di cui Villa dei Cedri possiede dal 2000 un ricco deposito del comune luganese di Paradiso, luogo d’origine del pittore, composto da trentasette dipinti e oltre una quarantina di disegni scalati fra gli anni Trenta e la metà degli anni Ottanta.
Il Novecento, fra Arturo Martini, Carlo Carrà, Mario Sironi e Arturo Tosi, è il ricco serbatoio da cui attinge anche Giovanni Molteni, brianzolo d’origine, ma ticinese d’adozione, di cui il museo possiede un ricco fondo creato dopo la mostra del 1987, parzialmente costituito da opere in deposito provenienti da una collezione privata. Oltre al fondo di dipinti, il museo custodisce anche la biblioteca personale e il nutrito archivio del pittore comprendente l’inventario delle opere allestito da Marco Bernasconi. Figura chiave per la vicenda propriamente novecentista ticinese è Giuseppe Foglia, scultore, pittore e critico, di cui il museo conserva un cospicuo fondo, istituito a partire dal dipinto Studio (1939-1940), donato dalla Fondazione Lucchini nel 1989. La mostra retrospettiva, allestita a Villa dei Cedri nel 1993, ha incentivato l’interesse per l’artista, tradottosi in un arricchimento del fondo con dipinti, carte e sculture, pervenuti sotto forma di deposito degli eredi Foglia, di acquisizioni e di donazioni, tra cui vanno almeno ricordate quelle provenienti dalla Fondazione Mario Della Valle, dagli Amici e da Carlo Bonetti, avvocato e collezionista bellinzonese particolarmente affezionato al museo e alla sua città. Grazie alla sua generosità il museo ha potuto ampliare anche altri nuclei come quello di Edmondo Dobrzanski, il cui fondo è stato costruito in stretta collaborazione con l’artista, a partire dalla monografica del 1989 ed è andato via via arricchendosi sino alle ultime donazioni Bonetti del 2010 di tredici ritratti a china su carta, perlopiù risalenti al periodo zurighese dell’artista (1942-1950).
A Carlo Bonetti si deve pure l’accrescimento dell’importante fondo di Giovanni Genucchi comprendente non solo sculture e schizzi, ma anche un completo archivio documentario e fotografico. Le opere in collezione sono frutto principalmente del lascito degli eredi Genucchi e del sostegno degli Amici di Villa dei Cedri, come pure della Fondazione Lucchini. Anche in questo caso è stata la presentazione dell’artista in una mostra monografica del 1989 a dare l’avvio all’acquisizione delle opere e all’annessione del fondo monografico, che consente di ripercorrere la ricerca dello scultore dai primi anni Cinquanta fin dentro gli anni Settanta, intesa a recuperare le radici di un sentimento fantastico e sacrale della condizione umana insito in quella che Virgilio Gilardoni usava definire “l’arte rusticana delle genti cisalpine” e che in Genucchi si traduce nell’esaltazione della figura femminile.
Al Novecento ticinese e italiano il museo ha affiancato la ricerca sull’arte svizzera, ponendo particolare attenzione alle opere su carta, che costituiscono un po’ l’anima dell’istituzione cittadina. Dalla collaborazione con gli eredi dell’artista per la mostra del 1994 su Fritz Pauli è disceso un sostanziale arricchimento del settore di grafica svizzera, con la donazione di cinque fogli d’incisione e di matite grasse, seguita, nel 1997, da altre donazioni di espressionisti svizzero-tedeschi come Johannes Robert Schürch, Albert Müller o Gregor Rabinovitch, che hanno vissuto e operato a lungo nel Ticino. La loro presenza ricorda che il Cantone è stato dai primi decenni del Novecento in poi meta ospitale di parecchi artisti confederati e di numerose altre nazionalità, che hanno conferito un carattere specifico a questa provincia, influenzata oltre che dalla sua cultura d’origine anche da una forte componente proveniente dal Nord.
È quanto risulta anche dal confronto con le carte del Novecento ticinese, che costituisce un altro punto nodale della collezione cittadina. Nel Ticino del dopoguerra si è infatti assistito a un interessante fenomeno di fioritura della grafica e in particolar modo dell’arte xilografica, che è stato uno dei maggiori mezzi d’espressione per artisti come Aldo Patocchi, Giovanni Bianconi e Ubaldo Monico. Monico è di gran lunga lo xilografo più rappresentato al museo con un fondo di quasi centocinquanta stampe, annesso nel 1996 grazie alla donazione degli eredi dell’artista e successivamente incrementato dai medesimi familiari e da Carlo Bonetti. Accanto alle stampe, il fondo conta pure alcune carte e tele, numerose matrici in legno, lastre incise, documenti e altri materiali diversi, tutti provenienti dall’atelier e dalla casa natale dell’artista.
In tema di xilografie non si può non citare la celebre serie delle Intimità di Félix Vallotton, vera e propria chicca della sezione di grafica del museo. Pubblicata dalla “Revue blanche” nel 1898 e composta da undici tavole, tirate in soli trenta esemplari, è oggi molto ricercata. Fra le prime acquisizioni degli Amici del museo nel 1992, le Intimità di Vallotton sono all’origine del percorso di grafica del museo, poi apertosi alla contemporaneità sia in ambito ticinese che italiano.
Nella collezione di opere grafiche spiccano i fondi monografici di artisti ticinesi come Mario Marioni, Giuseppe Bolzani, Massimo Cavalli, Paolo Mazzuchelli (PAM) e italiani, soprattutto di area lombarda, come Italo Valenti – di cui il museo possiede un nutrito nucleo di opere appartenenti alla sua meno nota stagione informale –, Enrico Della Torre– che nel 2001 insieme alla moglie Christa ha destinato a Villa dei Cedri centoundici opere, tra dipinti, disegni e incisioni scalati tra il 1953 e il 2000 – e Giulia Napoleone. Questi fondi confermano la volontà del museo di operare nel solco di un discorso regionale aperto, capace di mettere in dialogo il contesto “locale” con quello internazionale, soprattutto, anche se non esclusivamente, nell’ambito dell’arte informale. In termini più generali, verrebbe da dire che Villa dei Cedri abbia proprio puntato lo sguardo sui momenti di transizione: quello che dal Naturalismo volge al Simbolismo per l’arte del passato e quella che dall’Espressionismo muove in direzione dell’Informale per il presente.
Non è dunque un caso se il fondo di Massimo Cavalli, pittore-incisore di sicura e precoce vocazione informale, costituisca uno dei punti di forza del museo, avvalendosi di circa duecentocinquanta opere tra dipinti su tela e su tavola, tempere, acquerelli, tecniche miste su carta, fogli a stampa (oltre duecento) e una decina di edizioni originali. Il generoso gesto dell’artista, che nel 2011 ha trasformato i suoi depositi in donazione, unitamente al Legato di Adriano e Luciano Camani del 2011, ne avvalorano la presenza in collezione, registrata a partire dal 1990, che ora copre tutto l’arco della sua produzione nelle differenti tecniche della grafica e della pittura, dalla metà degli anni Cinquanta a oggi. La costante crescita della sezione dell’arte contemporanea, oltre a dare il polso di una situazione e di una ricerca aggiornata sul territorio, rivela un aspetto fondamentale della funzione e dell’attività museale, che è quella di offrire opportunità d’incontro e di confronto culturale, di attivare il dibattito e di promuovere la conoscenza. La generosa disponibilità degli artisti che hanno donato o depositato le loro opere, così come le mostre, gli studi e gli incontri pubblici con alcuni artisti presenti con fondi monografici nelle collezioni di Villa dei Cedri lo stanno a dimostrare.
Tratto da Lucia Pedrini-Stanga, “Il museo racconta e si racconta”, in Carole Haensler Huguet e Carlotta Rossi (a cura di), Tra sogno e realtà. Ottocento e Novecento dalla collezione del Museo Civico della Città di Belinzona, catalogo della mostra (Milano, Museo della Permanente, 4 settembre – 11 ottobre 2015), Skira, Ginevra-Milano, 2015, p. 23-31.